lunedì 21 giugno 2010

Sorprendimi

C'è stato un periodo della mia vita che mi sorprendevo per tutto. Un periodo lungo in realtà che reputo sia finito con la fine dell'infanzia. Il termine sorprendere tuttavia era molto di più rispetto al suo concetto letterale, tanto da includere affascinarmi, incuriosirmi, eccitarmi, commuovermi. Poi è accaduto qualcosa nella mia vita e parrecchio è andato perso. Lo ricordo solo se mi dedico il silenzio assoluto attorno a me e un bisogno poetico di rivivere quel tempo; quindi quasi mai. Era un altra era della mia vita quella e nel decennio fra i venti e i trent'anni ho spesso ripetuto a me stesso e agli altri che ormai non mi sorprendevo più un granché. Mi sa tanto che mi sono sbagliato. Quando la settimana scorsa ho terminato di leggere il libro di Francesco Carofiglio "L'estate del cane nero" una frase ha continuato a girarmi per un po': Quando si è piccoli si ha una percezione grande di tutto quello che ci circonda. Lo sapevo, come al solito ho ritrovato parte della mia infanzia anche in questo libro. Così ho riflettuto sulle percezioni e a come cambiano. Mi sa tanto che non ho mai smesso di sorprendermi, nel senso largo a cui mi riferivo prima. Non sarei qui, non farei quello che faccio. Sono cambiate le visuali e questo mi conforta in alcuni momenti e mi spiazza in altri. Vedo delle cose con occhi da adulto ora ed è un bene se mi commuovo davanti a delle foto che anni fa mi avrebbero lasciato indifferente, se mi incuriosisco osservando i lavori di artisti e ne godo, per quanto afferabile ora dalla mia "maturità" fotografica, della tecnica, della lettura.
Ieri ho lasciato un commento sul blog di Settimio Benedusi riguardo a delle foto che avevano suscitato il mio interesse sebbene il soggetto non goda del mio entusiasmo.




Nello stesso giorno, a distanza di qualche ora poi, scopro il lavoro di Lorenzo Poccianti e per me che ho avuto una fase precedente alla fotografia dove mi sono appasionato di pittura e disegno non potevo non sorprendermi. Pocciani realizza quadri, che sono fotografie, che sono quadri. Non so spiegarlo diversamente. Avevo incontrato sul web qualche tempo fa altri che si cimentano in una cosa simile ma Pocciani mi ha stupito per precisione e gusto. Ricrea ambienti che passano da Klimt a Lempicka, solo per citarne i più conosciuti, con una cura sorpendente per i tessuti con cui veste i suoi modelli, i cui modelli sono in buona parte famiglie nobili e in alcuni casi discendenti loro stessi dei soggetti dipinti nelle opere originali. Mi hanno lasciato con qualche perplessità alcune opere morte di moderna interpretazione, credo però sia dovuto al fatto che non amo le nature morte in sè.
Penso che un giretto sul suo sito valga qualche minuto di tempo.



Ritornando a quello che dicevo in principio... è bello scoprire di potersi ancora sorprendere quando tutto sembra ripetuto e limitato, come oggi, inizio ufficiale dell'estate con una pioggierellina fuori dello studio a ricordarmi quanto sarà tiepido il dopo-studio.

martedì 8 giugno 2010

Clone me, please!

La parola d'ordine in questo periodo è correre. Mio malgrado. Si perché da un lato sono convinto che sia giusto aspettare i tempi fisiologici di una attività che deve crescere, lavorare con costanza nel rispetto soprattutto della propria professione, dall’altro il fattore tempo mi è nemico. Nel percorso che sto affrontando devo imparare a relazionarmi, con clienti e colleghi (quest’ultimi tra l’altro in alcuni casi recenti mi stanno spingendo a cambiare approccio, rendendomi anche quello che non sopporto essere: cinico), trovare lavoro in un contesto economico sfavorevole e uno sociale (la realtà del mio paese) culturalmente non ancora preparato. A ciò, lo dico perché non mi va di addossare la colpa sempre sugli altri, devo esercitare una forte pressione sul mio essere pigro e con voglie da onnipotente per raggiungere uno stato di (almeno) apparente tranquillità mentale. Sono onesto, pensavo sarebbe stato un pochino più facile.

Nei primi mesi ho dato la colpa al denaro. Mi dicevo che per i progetti che volevo realizzare erano necessarie attrezzature e budget che non possedevo, così scrivevo su block notes le idee creative che affollavano la mia massa grigia e promettevo a quel mio piccolo genio fatto di neuroni che quel progetto era solo rimandato. Ne ho rimandati parecchi. Poi mi sono anche convinto che a rimandare sempre la creatività ne risente fino a non “creare" con tanta efficacia nuove idee. Diciamo che ancora ci credo.

Negli ultimi due mesi però ho letto molto (di fotografia) e lavorato poco (di fotografia). Ho spostato di qualche buon grado la mia visione. Per i progetti creativi non servono budget costosi, è chiaro che per quelli super strafighi qualche soldo non guasta, ma la verità è che si possono ottenere ottimi risultati anche con pochi euro. Dimentico in continuazione che la più grande risorsa economica a portata di mano in realtà è a portata di testa, ci sta dentro ed è quella massa di connessioni che dicevo prima. Nei blog che seguo scopro, al di là dei vari fotografi, designer, giornalisti, photoshoppisti, persone che mi insegnano molto, e chissà se hanno la dimensione di quanto sia importante quello che scrivono condividendolo. Nelle ultime settimane Sara Lando è motivo di attenzione e insegnamento. Avevo iniziato a seguirla qualche tempo fa con curiosità ma non c’è giorno adesso che non vado nei feed di google reader a cercare un suo nuovo post. Vale lo stesso per tutti gli altri che ho nei preferiti. Così la mia vita attuale ha sottratto tempo alle letture cartacee e romanzesche dei libri sullo scaffale a favore di quelle digitali e (mono) tematiche della fotografia. Solo la settimana scorsa, in uno di quei miei momenti folli, e per fortuna solitari, dove mi auto commemoro, alla domanda del mio interlocutore coscienza “Quante ore passi davanti al computer?” ho risposto con sorpresa dalle 10 alle 12 ore al giorno. Qui mi sono fermato. Ca##o è tanto! Non lo so, voglio dire che è tanto che una persona stia davanti ad un monitor ma se davanti a questo monitor si studia, ci si forma, si lavora, si legge, si guardano i film (non guardo televisione da anni, ho il mio bel imac 27 pollici e mi stragodo i film persi al cinema con le cuffie a palla) quelle ore hanno un peso diverso. O no? E per non farmi mancare nulla a questi due pesi ne aggiungo un terzo: “ Ma quanto tempo ti resta da dedicare alla Fotografia?” Ho scritto con la effe maiuscola apposta per intendere l’atto concreto dello scatto. Da quando ho aperto partita iva credo di scattare almeno il 40% in meno.

No, non è così che la immaginavo la mia vita da fotografo. Pensavo che da professionista avrei avuto il tempo dalla mia parte. Siamo in movimento continuo, l’ho persino scritto qualche post fa, e cavalcare questo movimento è faticoso. Leggevo stamattina su Jumper.it che una parte della fotografia (quella italiana è ancora agli inizia ma realtà come la germania, l’inghilterra e la stessa america ci navigano da un po') sta sempre più abbracciando e sviluppandosi nel 3D e se non ci si informa si rischia di arrivare impreparati. Questo non vuol dire che tutti i fotografi debbano studiare la modellazione 3D, ma sapere a cosa si va incontro si. E di qui una nuova serie di letture, potenziali incontri o workshop e tanto altro ancora. Ora, per quel dettaglio dell’onnipotenza di prima, io a queste faccende ci vado dietro perché ci credo e ci voglio essere, ma le foto? Quanto tempo mi resta per FARE foto? Gli investimenti che occorrono viaggiano su due binari divergenti che fatico ad allineare: spazio-temporale ed economico. Il primo mi porta formazione e conoscenza, ma ci voglio risorse anche economiche (i jumper camp ad esempio si svolgono a milano e so bene cosa sacrifico sia andandoci sia non andandoci). Il secondo, lo sappiamo bene, ci aiuta a vivere. Mi sa tanto che se per la fine dell’anno non raggiungo il potenziale per permettermi un assistente mi faccio clonare. Scherzavo! Sulla prima cosa intendo, il clone lo voglio davvero!