lunedì 29 novembre 2010

il salto

Sono più o meno tre giorni che penso al workshop di Milano. Voglio andarci, veramente, non come tutti gli altri che mi sono passati sotto il naso e scomparsi nel nulla. Qui è diverso. Sono tre giorni che ci penso e ho concluso due sole cose: ho paura e voglio farlo. Mi sono fermato a pensare seriamente a questa cosa della paura, mi vengono in mente le facce dei ragazzi dei laboratori di teatro quando devono fare il salto: stanno tutti lì, appiccicati al muro a chiedersi perché non si sono iscritti in palestra invece di stare in mezzo ad altri che adesso vedranno come mi muovo, come farò sto cavolo di salto e lo sbaglierò, che poi insomma che c'entra il salto con il teatro?
La conosco quella faccia, la paura del confronto, la stesso che ho io adesso.

Sono andato a ricaricare la postepay e Barbara mi ha confermato che è arrivato il versamento dell'iscrizione al workshop: tre passi, stacco e atterro. Salto.

Silvia mi ospita a casa sua e lunedì vedo Rosa. C'è un sacco da vedere a Milano, me li perdo tutti, Basilé compreso che ci tenevo per via di "Picchiati". Questa però di "Immagini Inquietanti "ce la faccio venerdì pomeriggio quando arrivo.
Ho messo tutto nello zaino Lowepro: le ciabatte di spugna accanto alla 5d, il pigiama e i calzini tra il 70/200 e i paraluce, compressi; il portatile nello scomparto sopra, avvolto nell'asciugamano, poi i boxer, Carofiglio da leggere, lo spazzolino, la maglia pulita, il lettore di schede, una copia dei check-in on line, quaderno per appunti, alimentatore per portatile, una maglia, questa più pesante perché soffro il freddo, mi vesto a cipolla con scarpe da guerra e speriamo che quelli di ryanair non abbiano le palle girate al controllo bagagli.
La mostra l'ho vista e per la prima volta nella mia vita ho pensato davanti ad una fotografia "sto per vomitare". Gli unici due nomi che conoscevo erano Mapplethorpe e Pellegrin, il primo visto anni fa in un allestimento più appetibile. Come possono delle immagini crude modificare la chimica del tuo corpo?

Da Silvia ho lasciato tutto il casalingo ma i dieci chili sulla spalla si fanno lo stesso sentire fino al civico 12 di via Martiri Triestini.
Eccomi qua: oggi compio 36 anni e faccio un secondo salto. Questa volta è emozione.
Riconosco Barbara, la saluto stringendo la mano e la guardo come si guarda la fotografia di una persona che non hai mai visto. Indovino il viso di Monica e intercetto subito la voce di Francesco. Mi sento a mio agio, tante cose somigliano ai preliminari di ogni corso che ho vissuto. Mi presento a chi c'è e a chi arriva e non ricorderò un solo nome se non lo avrò scritto almeno tre volte da qualche parte. Poi c'è una che non mi pare di aver salutato appoggiata alla colonna, ha le braccia conserte ma si legge la fede alla sinistra, veste una lunga maglia sul prugna e stivali neri, una montatura nera su un viso da ballerina classica o attrice di teatro di ricerca ed io non ho riconosciuto chi, per l'effetto farfalla, mi ha portato lì. La sola cosa imbecille che riesco a dire è: Ma sei Sara Lando?
Non ho capito più nulla per un bel po' e non perché soffro della mania da idolo. Uno dei doni più preziosi che ho è la fortuna della vista e quello che so l'ho imparato osservando. I miei occhi rimbalzano dal leggere i volti del gruppo nella stanza alle luci montate, dai delicati silenzi di Heloise ai sussurri fra Monica e Barbara sui test luci, dal viso di Francesca sul set ai titoli dei libri nello studio. Ma tutto questo passando dalle parti di Sara per rubare quanto più possibile. Ogni tanto scatto anch'io. Francesca è bella, disponibile se la incuriosisci, qualche resistenza se la banalizzi, i suoi e tuoi occhi sono alla stessa altezza ed è fantastico. Faccio male le mie foto, non mi bastano sette minuti per farmi conoscere da lei, le spiego comunque la mia idea e le dico proviamoci, oggi è un gioco.
Quando suonano il citofono sono sulla parete di fondo, in penombra, a guardare altri che scattano. Benedusi entra, saluta tutti, Francesca lascia il set e corre ad abbracciarlo. Scariche elettriche nello studio. A potenze diverse. A me provoca paresi jokeriana, il Marzoli insiste a toccare i fili scoperti, per qualcuna è come la 12 volt dei contatti elettrici per aprire i portoni condominiali, non provoca più di un pizzico, per Nicola è il passaggio da assistente simpatico a faccia seria chicazzoèquesto, per altri è un vicino che mettiamo nella foto di gruppo.
Manca poco alla fine della giornata, domani siamo qualcuno in meno, io sono più rilassato, parliamo di fotoritocco e di come pulire la pelle, colore e raw, c'è più cazzeggio ma si va avanti fino a conclusione, ma oggi, oggi concludo aspettandoti vicino alla porta perché stai andando via. Non balbetto perché tanto quello che ti devo dire è breve. non sento la consistenza della tua mano perché sono concentrato a guardarti negli occhi, poi ho avvolto la tua destra in entrambe le mie mani per rafforzare il messaggio.
GRAZIE.

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Barbara Zonzin
Matteo Basilé
Immagini inquietanti
Robert Mapplethorpe
Paolo Pellegrin
Monica Antonelli
Francesco Marzoli
Sara Lando
Heloise Baldelli
Francesca Cortevesio
Settimio Benedusi

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mercoledì 24 novembre 2010

in corsa

Sono rientrato ieri da Milano e domani si riparte per Assisi. Non ho avuto tempo per fare le cose più semplici. Ho bisogno di fermarmi, ma non questi giorni, non ora. Ho letto velocemente i post di Barbara, Monica e Francesco sul workshop commentando d'impeto il piacere di questa esperienza, rimandando fra qualche giorno, su queste pagine, le mie osservazioni al completo.
Ho cercato di salutare e stringere la mano direttamente a quanti più ho potuto alla fine del workshop, tra i compagni di classe qualcuno mi è sfuggito e me ne dispiace. Ho conosciuto delle belle persone, incontrato chi desideravo incontrare e anche qualcuno a sorpresa, e ho avuto l'occasione di guardare negli occhi chi ha, senza volerlo, sostenuto molte mie giornate no e dirgli Grazie.
La foto di gruppo ufficiale la trovate qui oppure qui e anche qui, scattata dalla padrona di casa Giovanna, questa qui sotto invece è l'immagine che avevo prima della partenza nella mia testolina.


domenica 14 novembre 2010

il mestiere del fotografo


Ph. by Charles Ebbets


Periodo non felice, decisamente. Negli ultimi venti giorni ho rimesso in discussione molte cose, causandomi ferite sotto pelle non da poco. Appunto: causandomi. Dimentico con molta facilità di essere l'unico artefice di questo stato.
Mi sono posto degli obbiettivi alti, come sempre, ma questa volta ci sono dentro con tutta la mia vita, non come quando volevo esplorare le galassie, salvare il mondo, avere qualche super potere, diventare attore o scrittore a tanto altro ancora.
La realtà che incontro ogni giorno fuori dalla porta di casa non la riconosco più. C'è stato un tempo che amavo la mia città, i confini a portata di passeggiata, la sua storia, il suono del dialetto, quella genuina semplicità di chi non ha ambizioni. Poi è arrivato il boom del salotto e il mio paese, no scusate, Altamura ha gli attributi di una città, e la mia città si è ubriacata. Una sbronza fatta di cemento selvaggio, traffico inverosimile - 2,7 auto procapite, 19% suv - corruzione, illegalità, arroganza, malizia, sospetto, individualismo. I postumi sono stati devastanti, la parte sana della cultura si è ammalata. La crisi del salotto poi ha peggiorato le cose: crisi d'astinenza denaro con evidente perdita del senso della realtà. Ogni giorno devo confrontarmi con tutto questo.
Se dici fotografo qui ti rispondono: ah! matrimoni, comunioni! Bé no, anche se tanto di cappello a chi se ne occupa. Mi sta bene spiegare quanto ampio è il mondo della fotografia, anzi mi piace perché mi piace parlare di fotografia; mi sta meno bene se nella testa del mio interlocutore il metro di valutazione di un lavoro è la foto di matrimonio: un prodotto di pasticceria non è una coppia che si scambia un anello.
Recentemente mi sono imbattuto in episodi che sulle prime mi hanno fatto sorridere. Un amico tipografo stava montando delle foto per una brochure di un negozio d'abbigliamento. Scattate in esterna campagna, sole di mezzogiorno senza schiarita delle ombre, inquadrature dall'alto con distorsione delle proporzioni della modella, esposizioni sballate, espressioni lasciamo perdere. Scopro che il lavoro è tutto casalingo: la modella è la figlia del negozio e le foto fatte dal papà o dal fratello. Ancora…
Faccio un preventivo per un mini catalogo di prodotti dolciari. Mai pervenuta risposta si sono in realtà affidati ad un matrimonialista (ho spie tra i grafici e i tipografi). Non commento quello che ho visto. Ognuno è padrone dei propri soldi, per carità. Ma penso che le persone colpite dai postumi di quella sbronza si stanno curando con la medicina sbagliata e fanno assaggiare a me il sapore amaro che ha.
Sempre per cercare nuove soluzione in un mercato non felice mi sto proponendo come post produttore, diamine ne sono più che capace. Ai matrimonialisti con un buon giro a cui poter dare un contributo da esterno presentarsi come fotografo/post produttore è una mossa sbagliata: pensano "questo mi ruba i clienti". Non mi occupo di matrimoni. Ma scusa non sei fotografo?
Ai laboratori non servi oppure sei troppo competente per la loro clientela.
Agenzie di comunicazione? Uhmmm, interessante. Le faremo sapere, intanto Felice Natale.
Aggiungiamo un breve ma non completo elenco di termini qui mai sentiti nel settore fotografico: preventivo, still-life, cessione diritti, copyright, liberatoria, fine-art, fattura, food, post-produzione, portfolio, model release, advertising, workshop, utilizzo delle immagini, set...

Comincio ad avvertire il desiderio di quella vacanza che quest'anno non mi sono preso per risparmi di bolletta.

Nel pieno delle solite pippe non mi sono fatto mancare dei progetti personali. Uno lo trovate qui, su un nuovo spazio dove riversare più immagini e meno chiacchiere, oppure sulla pagina di flickr in versione singola.
L'altro è in fase di post-produzione e di ritorno da milano dovrei poterlo pubblicare. Qualche anticipazione in basso.