lunedì 23 agosto 2010

L'apprendista stregone

Sta accadendo qualcosa.
Ieri sono andato al cinema. La sala è stata chiusa per ferie e non c'era un granché da vedere altrove nelle settimane precedenti. Avevo voglia di poltrone e dell'aria secca del cinema. Poi non ho dovuto combattere molto con la mia infantile voglia di film per ragazzini, vince sempre lei. Alle nove e qualcosa ero in sala ad aspettare l'inizio de "L' apprendista stregone". I motivi che mi spingono a vedere questo genere di film sono validi perché efficaci su di me, magari un giorno lo spiegherò meglio.
Del film ormai ricordo solo qualche effetto speciale, ma qualcosa di più profondo si è insinuato dentro ed è successo mentre vedevo il film. Sì, qualcosa è in opera, la bolla sta muovendosi in cerca dell'esatta verticalità. Ho la mano che mi trema ancora, il corpo pigro, la testa sempre in guerra, gli occhi ancora da educare, ma va bene, vuol dire che mi sto muovendo e l' idea di una meta che prima mi ossessionava adesso mi spaventa sempre meno. Anzi comincio a pensare che non la voglio una meta, non quella scontata del raggiungimento professionale che rischia di tradursi in me in appiattimento e noia. E' la cosa che temo di più.
L'altra sera stavo cercando una scusa per non mettere in ordine dei file, di dormire neanche a parlarne, leggere con la lampada da 25w puntata nei pressi dell'orecchio sinistro a contribuire a farmi evaporare nel forno della mia stanza proprio non mi andava. Internet allora. Nell'intervista di Barbara Zonzin a Sara Lando il piacere maggiore credo di averlo provato scoprendo quel lato fragile che accomuna tutti quelli che la strada la percorrono in salita. Di persone che amano il proprio lavoro ne ho conosciute pochissime. Sono andato a letto tardissimo addormentandomi su quello che desideravo fare.
Mentre aggiornavo il sito stamattina, mi sono soffermato a rileggere la frase su "about me" dove "…ho scelto la fotografia come mezzo per comunicare". In realtà non lo sto facendo. Mettiamo da parte il lavoro, ma quella parte di foto che dico di "fare per me", quanto è vera? Finora ho scattato si ma cosa? Sono stato un mezzo, come le macchine che uso, ma quello che ho in testa l'ho mai trasformato in foto? Ho fatto ritratti, documentato eventi e storie da un paio di carceri, cartoline di viaggi, istantanee. Qualche settimana fa ho conosciuto Gaetano Lo Porto, un fotografo da un passato fotogiornalistico di tutto rispetto e che oggi si occupa di advertising. L'ho incontrato e intanto che presentavo me e quello che faccio mi sono reso conto che non riuscivo a esprimere il mio fotografare più intimo. La domanda del direttore Sandro Iovine perché si fotografa? pensavo fosse in me, grazie a questo episodio ho smosso di nuovo un po' di polvere. Nei giorni scorsi ho tracciato su fogli da notes schizzi di progetti che vorrei che prendessero luce.
Il progetto Insonnia credo sia stato veramente il primo. L'ho caricato sul sito non convintissimo che fosse concluso, ma non volevo neppure trasformarlo nella snervante ricerca della foto giusta. Dico che è stato il primo perché c'è stata una fase preparatoria, ho fatto degli scatti che mi servivano da studio, le trovate qui, mentre le vedevo e sceglievo i toni in post produzione mi sono accorto che la ripresa dall'alto avrebbe avuto più senso. Dovevo però risolvere il problema di come sistemare la macchina per inquadrare il divano letto dello studio dall'alto. Ho costruito un'asta sistemata su due stativi con un asse di legno comprata al brico e una piastra di metallo che ho saldato personalmente (e in modo terribile) nell'azienda dove prima lavoravo. Ho fatto anche foto e video del making of, per poterlo così condividere qui, e poi sono arrivati gli scatti. Negli studi avevo notato un particolare che sarebbe stato importante ripetere negli scatti ufficiali: l'effetto post dormita. Essendo lo studio nel centro storico e luogo fresco di suo, quando sistemai il set per gli scatti di prova fuori c'erano più di trenta gradi e il sole a ore tre del pomeriggio. La tentazione è stata forte e ho ceduto. Pisolino, che è diventata dormita che è degenerata in senso di colpa al risveglio. Però quel senso di fiacca mi ha aiutato a dare una parvenza meno finta alle immagini. Così quando ho riallestito il set per gli scatti con l'inquadratura sistemata mi sono fatto una sana dormita prima con buona pace della mia mala coscienza. Naturalmente un prezzo da pagare doveva esserci e io l'ho pagato in lucidità, dimenticando in uno spostamento del piano focale la cinghia della macchina appesa, finita giustappunto nell'inquadratura e rovinando una serie di 51 scatti di cui alcuni meritevoli. Questo è un avvertimento per quando finirò nel girone dei dannati per pigrizia.
Questo processo però mi ha entusiasmato. E come l'apprendista stregone ieri, comincio a desiderare di mettermi in gioco seriamente, meglio di prima. Dovrei avere ancora dei giorni più soft a disposizione, saranno utili.
Di seguito le quattro immagini di Insonnia, e ancora più in basso, forse, qualche vostro commento.